Per lavarci, pulire la nostra casa, il nostro bucato, usiamo troppo spesso e in modo molto inadeguato
troppi prodotti dai contenuti e composti chimici sconosciuti, misteriosi, e soprattutto nocivi.
Specie qiando costano poco , già ma quando ci conviene e per noi è necessario poter risparmiare
ci riesce molto difficile stare attenti, e poi con quell'etichette spesso illegibili perché microscopiche
anche incomprensibili dai nomi astrusi. Niente di semplice, nulla di chiaro, nessuna precisazione:
Così compriamo anche soggiocati da ottime ed accattivanti pubblicità che ci "trapanano" il cervello quotidianamente, ci lasciamo andare alle scelte più rischiose , per noi ma soprattutto per i nostri innocenti figli solo perché i risultati non sono mai immediati, credendo di non subirne mai effetti negativi.
Ma spesso invece, i segnali ci sono;
Piccoli dolori, o pruriti, o ansie improvvise, o macchie sulla pelle...
ma le attribuiamo sempre ad altro. forse anche perché più facili da giustificare e credendo che siano così anche più facili da capire ed eliminare con delle creme, gocce ecc. ma spesso queste soluzioni non sono le più adatte.
Ma ci sono molte cose positive, e di buona soluzione;
fare attenzione al colorante, intanto quando ci sono coloranti sono segnalati con una E ed un numero,
più alto il numero più colorante nocivo c'è e questo è piuttosto semplice da trofare
poi, si vede dal colore stesso del liquido, che spesso sembra addirittura fluorescente, quindi non è il caso.
poi troppo profumati, contengono troppi additivi e roba chimica.
inoltre il prezzo troppo basso. se non si può pagare di più per un prodotto forse migliore,
potete però comprarli in grandi magazzini o centri commerciali , perché loro li comprano all'ingrosso quindi gli sconti sono messi a prodotti buoni èerché rivendendoli in grandi quantità quotidianamente ci possono rientrare, allora possono permettersi di fare promozioni, sconti anche per prodotti, diciamo affidabili:
Questo per quanto ne so io anche per esperienza personale, nel "campo" : Anni di cambiamenti...:
Comunque per avere una vera igene e pulizia e disinfettazione per voi, i vostri figli, e tutta la casa.
le antiche usanze povere ma semplici sono sempre le più efficaci :
Come nonne ci insegnarono ...;
ACQUA E ACETO o LIMONE, O ALCOOL, SAPONE MARSIGLIA, (se potete, adesso ci sono saponi liquidi, sono più igenici) VARECCHINA, CANDEGGINA. SENZA ESAGERARE, E PER PROFUMARE, ARANCE, E BUCCE DI LIMONI, BASILICO, ECC. e secondo i vostri gusti ma quelli naturali ! :-))
ECCO SEMPLICI, A PORTATA DI MANO, ED AFFIDABILISSIMI E SICURI !!
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giovedì 5 maggio 2016
domenica 24 gennaio 2016
lunedì 11 gennaio 2016
sabato 26 dicembre 2015
domenica 25 ottobre 2015
PAPA FRANCESCO-SINODO - AMMESSA COMUNIONE PER DIVORZIATI E RISPOSATI...
PAPA
FRANCESCO - SINODO la comunione ai divorziati risposati passa per
soli due voti. Francesco spacca la politica della Chiesa
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Approvata la relatio, tutti i punti sopra i 2/3. Ma sulle “famiglie ferite” il documento incassa solo 178 placet e 80 non placet, con la maggioranza fissata a 177. Nulla di fatto sulle coppie omosessuali
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Approvata la relatio, tutti i punti sopra i 2/3. Ma sulle “famiglie ferite” il documento incassa solo 178 placet e 80 non placet, con la maggioranza fissata a 177. Nulla di fatto sulle coppie omosessuali
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IL SINODO dei vescovi apre alla comunione per i divorziati risposati per due voti, ma i gay debbono attendere. Papa Francesco incassa un risultato storico, ma gli oppositori non sono pochi. Tutto il documento finale è stato approvato con la maggioranza qualificata. Dopo tre settimane di dibattito, i 270 padri sinodali hanno deciso di fare una svolta insperata fino alla vigilia dell’apertura dei lavori. Sui divorziati risposati il passaggio chiave, approvato con 178 placet e 80 non placet (il più alto numero di voti contrari registrato nelle votazioni) recita: “Perciò, pur sostenendo una norma generale, è necessario riconoscere che la responsabilità rispetto a determinate azioni o decisioni non è la medesima in tutti i casi. Il discernimento pastorale, pure tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi”. Un’apertura epocale che segna il passo della Chiesa di Francesco che, nel corso dei lavori, ha dovuto subire più volte “indebite pressioni mediatiche”, come ha spiegato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.
Nelle ultime ore prima della votazione del documento conclusivo era stato il cardinale di Vienna Christoph Schonborn ad anticipare la decisione finale del Sinodo. Era prevedibile, invece, che sui gay ci sarebbe stata una freddezza anche nel linguaggio dopo il coming out di monsignor Krzysztof Charamsa, avvenuto non a caso alla vigilia del Sinodo per cercare di portare all’interno del dibattito in aula il “tema dell’amore omosessuale come amore familiare”. Ma per Bergoglio è stato molto importante il grande consenso con cui è riuscito a far approvare la Relatio finalis anche per la lettera che, all’inizio del Sinodo, gli era stata scritta da un gruppo di cardinali che criticavano la nuova metodologia dei lavori.
SUI GAY nel documento finale si legge: “Nei confronti delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, la Chiesa ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, vada rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione. Si riservi una specifica attenzione anche all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale”. Sui matrimoni gay “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Il Sinodo ritiene in ogni caso del tutto inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso”.
IL SINODO CHIARISCE CHE" I BATTEZZATI che sono DIVORZIATI e RISPOSATI civilmente DEVONO ESSERE PIù INTEGRATI NELLE COMUNITà CRISTIANE nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti. La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo. Quest’integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti. Per la comunità cristiana, prendersi cura di queste persone non è un indebolimento della propria fede e della testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale: anzi, la Chiesa esprime proprio in questa cura la sua carità”.
Per i divorziati risposati i padri sinodali sottolineano che “il percorso di accompagnamento e discernimento orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere. Dato che nella stessa legge non c’è gradualità, questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta a essa”.
Twitter:@FrancescoGrana
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PS; Solo un mio pensiero al riguardo.
Papa Francesco è l'unico che ha saputo e sa comprendere fino in fondo il nostro animo con ogni sua sofferenza e neseccità interiore.
Credo che al riguardo le Unioci Omosessuali e mi sembra qualche altro argomento complesso e delicato NEL SUO CUORE HA GIà ASSOLTO , poi ovviamente e comprensibilmente deve attenersi a certi canoni troppo complessi e intricati da poterli sbloccare , e giustamente deve rimanere in alcuni confini, anche per rispetto alle altre Culture Religiose.!
E, comunque ha davvero aperto la Chiesa a tutti gli animi come non era mai accatuto prima!
Noi sappiamo che è con coloro che ne hanno bisogno . e forse un giorno, come ha detto esprimendosi con le parole "c'è ancora da attendere" modificherà anche "Altro", verso il Popolo fedele e non !
Scusate il mio espimermi personale .
Ciao :-)
venerdì 23 ottobre 2015
sabato 10 ottobre 2015
venerdì 3 luglio 2015
lunedì 25 maggio 2015
sabato 23 maggio 2015
Sergio Mattarella, discorso sulla ricorrenza della Strage di Capaci

l testo integrale del discorso che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato nell’Aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo in occasione del 23mo anniversario della strage di Capaci, in memoria del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta:
“Un saluto al Presidente del Senato, ai Ministri intervenuti, alla Presidente della Commissione antimafia, al Vicepresidente del Csm, al presidente della Corte dei Conti, al procuratore nazionale Antimafia, a tutte le autorità che hanno partecipato a questa iniziativa di ricordo, nel corso della quale è stato firmato un documento molto importante che – mi auguro – rafforzerà nelle scuole l’educazione alla legalità e la conoscenza della nostra Costituzione.
Un saluto particolare e un ringraziamento di cuore va alla professoressa Maria Falcone, che ha avuto la forza di trasformare il dolore più grande in una straordinaria energia civile, la quale, a sua volta, ha generato altra passione, creatività, responsabilità; e tutto ciò ha preso forma in reti diffuse di cittadinanza attiva.
Un saluto caloroso, e un ringraziamento speciale, rivolgo ai giovani presenti e a quelli che sono collegati in altre piazze d’Italia: voi rappresentate il futuro e la speranza.
Le numerose associazioni che valorizzano l’impegno sociale di questi giovani – e che abbiamo ascoltato con grande attenzione – sono organi vitali, indispensabili per il Paese.
Siamo qui, a Palermo, per fare memoria di un evento tragico, che ha segnato la recente storia italiana, registrando una profonda ferita allo Stato democratico.
Le immagini dell’attentato di Capaci resteranno per sempre impresse nei nostri occhi, come nel primo momento, così come quelle, altrettanto sconvolgenti, di via D’Amelio.
I nomi, i volti, gli esempi di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino – dei quali serbo un intenso ricordo personale – sono indissolubilmente legati dal comune impegno e dai valori che, insieme, hanno testimoniato e dalla coraggiosa battaglia, per la legalità e la democrazia, che hanno combattuto, affidando a tutti noi il compito di proseguirla.
Desidero che, neanche per un attimo, nel ricordo, venga collocato in secondo piano il martirio degli altri servitori dello Stato, Francesca Morvillo, magistrato e moglie di Giovanni Falcone, unita a lui anche nell’impegno per la giustizia, gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano, che persero la vita tra il 23 maggio e il 19 luglio del 1992.
E a questo ricordo intendo unire quello di tutte le vittime delle mafie, di alcune delle quali si è parlato, su questo palco e nei vari collegamenti, che, tutte, rimangono nel cuore e nella coscienza della nostra Italia.
Fare memoria però non è soltanto un omaggio doveroso a donne e uomini di grande valore. La memoria di Falcone e di Borsellino comprende, per noi, la ribellione civile all’oppressione mafiosa che, da quei drammatici giorni, da Palermo e dalla Sicilia, ha avuto un enorme sviluppo.
Comprende la reazione dello Stato che ha condotto a importanti successi. Comprende le riforme legislative e ordinamentali che sono state adottate proprio seguendo le intuizioni e le proposte di Falcone e Borsellino. Comprende infine la preziosa vitalità della società italiana che non si rassegna a vedere umiliata la propria dignità, e che, in questi anni, ha continuato a mobilitare le coscienze e a rigenerare energie positive, attraverso tante iniziative politiche, sociali, educative, culturali.
Carissimi giovani, noi siamo qui, anzitutto, per dire che la mafia può essere sconfitta.
Siamo qui per rinnovare una promessa: batteremo la mafia, la elimineremo dal corpo sociale perché è incompatibile con la libertà e l’ umana convivenza. E perché l’azione predatoria delle varie mafie ostacola lo sviluppo, impoverisce i territori, costituisce una zavorra non solo per il Sud ma per tutta l’Italia.
La memoria di Falcone e di Borsellino è tutt’uno con questo impegno e con questa speranza. Impegno da affrontare insieme, con spirito di solidarietà e con un rigore, nei comportamenti, da applicare anzitutto a noi stessi.
Dobbiamo guardare sempre con spirito di verità alla realtà che ci circonda, anche quando la realtà è sgradevole. Ciò a cui non possiamo rinunciare è la riscossa civile.
Non possiamo rinunciare, non potete rinunciare ad essere costruttori di una società migliore, la quale inevitabilmente passa per la partecipazione larga del nostro popolo, per la possibilità che le sue molteplici energie, solidali e democratiche, si possano esprimere con libertà effettiva.
Dobbiamo unire sempre più, contro la mafia, tutte le energie positive. E trarre il meglio da noi stessi e da chi ci sta vicino.
Sconfiggere per sempre le mafie è un’impresa alla nostra portata, ma, per raggiungere questo traguardo, è necessario un salto in avanti che dobbiamo compiere come collettività.
Giovanni Falcone aveva chiaro in mente che un salto di qualità era necessario. Falcone divenne bersaglio della mafia perché aveva capito che per combatterla occorreva qualcosa di più che essere un onesto e bravo magistrato. Occorrevano un metodo e una professionalità particolari. Occorreva conoscere i complessi meccanismi dell’organizzazione, le sue dinamiche interne e, dunque, la pseudocultura che la lega, attraverso varie forme di connivenza, al proprio entroterra.
Da magistrato sapeva bene che la repressione penale era indispensabile, e che anzi doveva essere molto più efficace, e sempre più adeguata, per riaffermare il primato dello Stato: nella partita tra Stato e anti-Stato va sempre messo in chiaro che lo Stato alla fine deve vincere. Senza eccezioni.
Dalle sue idee sono venute nuove risposte legislative e nuovi metodi di indagine. Sono nate le Direzioni distrettuali antimafia e la Procura nazionale antimafia. Sono state elaborate nuove discipline, riguardo la ricerca e la tutela delle fonti di prova, le misure cautelari, le intercettazioni ambientali e telefoniche.
Falcone ebbe il grande merito, con coraggio e determinazione, di istruire il primo maxi-processo contro la mafia, indicando, così, che la mafia non era la somma di tanti fenomeni locali separati ma un grande pericolo per la Repubblica e per la sua democrazia.
Pur con tutto questo impegno – che lo portò ad essere indicato dalla mafia come il nemico numero uno – Giovanni Falcone era comunque consapevole che l’azione repressiva e quella giudiziaria, da sole, non sono sufficienti per debellare definitivamente questa piaga.
Accanto all’attività di prevenzione e repressione, affidata a magistrati e ad agenti delle Forze dell’ordine che, in prima fila con coraggio, spesso rischiano la propria vita, è necessaria un’azione forte e convergente su vari versanti. Su quello delle istituzioni politiche e amministrative, in cui correttezza, trasparenza ed efficienza chiudano spazi alle infiltrazioni e alle influenze mafiose. Sul versante economico-sociale, perché un tessuto sociale robusto, e tranquillo per il lavoro, si difende meglio dalle pressioni criminali. Su quello culturale ed educativo, con una costante formazione delle coscienze, individuali e collettive, che custodiscano il senso della legalità.
Su questo piano, oggi abbiamo ascoltato testimonianze importanti. Che danno una grande forza. La battaglia per la legalità e per la Costituzione, cari giovani, può esser vinta perché è nelle nostre mani. Noi possiamo ripulire e rendere chiaro quello sfondo torbido, su cui il cancro criminale ha costruito la propria ricchezza e il proprio potere, derubando tanta gente di opportunità, di futuro e di vita.
Con una scelta singolare si è deciso di inserire alcune attività illegali nel calcolo ufficiale del Pil dei vari Paesi europei: possiamo dire tranquillamente che, se perdessimo le quote di prodotto interno relative al traffico della droga o al contrabbando, ne guadagneremmo molto di più in attività capaci di creare migliore lavoro e sviluppo.
La presenza di organizzazioni criminali è favorita dall’area grigia dell’illegalità, dalla convinzione che si possa fare a meno di un rigoroso e costante rispetto delle regole. Mafia, illegalità, corruzione non sono sempre la stessa cosa, ma si alimentano a vicenda. Per battere il cancro mafioso bisogna affermare la cultura della Costituzione, cioè del rispetto delle regole, sempre e dovunque, a partire dal nostro agire quotidiano.
Questo ho sentito dire oggi da voi. E questo ha un grande valore, morale, sociale, ma anche economico.
Stiamo vivendo, finalmente, dopo la crisi economica più dura e più lunga dal dopoguerra, una stagione segnata da una tendenza positiva in tutta Europa. Alla crescita che si inizia a registrare nelle Regioni del Nord e del Centro non corrispondono però indicatori simili nel Mezzogiorno d’Italia.
Le distanze interne al nostro Paese si stanno pericolosamente allargando. Tra il Nord e il Sud. Tra i più ricchi e i più poveri. I giovani senza lavoro sono un numero intollerabile per un Paese civile. Sono fratture che ci interrogano come nazione e che dobbiamo affrontare da Paese unito.
La nuova questione meridionale è una questione nazionale perché da essa dipende il nostro futuro e la collocazione dell’Italia in Europa. Senza una nuova crescita delle Regioni del Sud, l’Italia finirà in coda all’Unione europea. Senza un investimento nell’innovazione nel Sud, e nei suoi giovani, la possibilità stessa di un nuovo sviluppo sostenibile sarà molto indebolita anche nel resto d’Italia.
E senza sviluppo, senza fiducia, il rischio delle mafie sarebbe destinato a crescere.
Per compiere questo salto molto dipende dalle politiche pubbliche, comprese quelle europee – considerato che i fenomeni criminali più gravi superano agevolmente i confini nazionali – ma molto dipende anche dalla società. Dalle forze che risulteranno trainanti. Dai valori che prevarranno. Molto dipenderà dall’affermazione della legalità. In tutti gli ambiti della vita sociale.
Due giorni addietro il Parlamento ha approvato una legge per contrastare con più efficacia la corruzione. Non spetta al Presidente della Repubblica valutarne il merito. Osservo che, anche da parte di coloro che sollecitano misure ulteriori, si riconosce il passo avanti compiuto.
A voi, ragazzi, voglio dire che le leggi sono importanti, che i passi avanti meritano di essere sottolineati, che l’azione di contrasto dello Stato, e la trasparenza dei suoi atti, sono condizioni irrinunciabili per vincere questa battaglia.
Ma vorrei dirvi anche che non dobbiamo mai dimenticare le nostre responsabilità di cittadini, non dobbiamo dimenticare i nostri doveri, che crescono anche in relazione alla crescita dei nostri diritti.
L’illegalità, l’opacità, l’opportunismo colpevole a volte mettono radici anche in ambiti imprevisti. A volte inquinano anche settori che dovrebbero esserne immuni.
Il calcio, ad esempio, che tanti di voi seguono con attenzione. Che mafie di varia natura cerchino di modificare il risultato delle partite e di lucrare sulle scommesse è una vergogna. Questa metastasi va estirpata con severità e rapidità. Non possiamo accettare che la bellezza dello sport, la crescita dei giovani e un divertimento degli italiani vengano così stravolti e sporcati. Le istituzioni dello sport non devono commettere alcun errore di sottovalutazione.
Cari ragazzi, oggi abbiamo parlato non di come rilanciare una città o una Regione, ma di come far germogliare una nuova primavera italiana. Serve un impegno corale.
Vanno aperte le porte ai giovani. Nessuno deve averne paura. Diceva Giovanni Falcone: “Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Quelle idee, quelle speranze, ragazzi, hanno bisogno delle vostre gambe. Buon cammino a tutti noi!”
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sabato 4 aprile 2015
sabato 28 marzo 2015
Giornata innaugurale, contro la fame e la sete e gli sprechi
Oggi la giornata per l'alimentazione, e contro la fame e la sete nel mondo!
Oggi si è inaugurato questo giorno , per svegliare le coscienze, allo spreco del cibo, contro le coltivazioni chimiche, biochimiche.... lo spreco dell'acqua, troppo spesso lavorati ed elaborati in maniera innaturale a scopi lucrosi.
Non c'è nemmeno un educazione scolastica in Italia che insegna fin da piccoli a preservare acqua e cibo nella maniera giusta , corretta, e benefica!
Si sono affrontati argomenti al riguardo in ogni direzione, anche riguardo ad una certa reticenza in troppe persone ad esempio, quando si va nei ristoranti a portarsi il cibo che non si è finito di consumare, via , si tende a vergognarsi di chiedere ad esempio di farsi dare, magari una vaschetta oppure a fare da noi stessi se si ha con se qualcosa per confezionare, incartare il cibo e poterlo portare e consumare a casa.
Mentre sarebbe una cosa prima di tutto buona, giusta, sensata, ('d'altronde è sempre già pagata e già sarebbe un peccato lasciarla li dove andrebbe buttata o usata in modo sbagliato, lasciarla scadere, e rivenderla.....) allora meglio portarsela subito via e potersela rimangia con comodo a casa, e risparmiare già così anche altro cibo , dovendolo ricomprare oppure consumarne altro .
Bisognerebbe educare anche in questo le persone a non vergognarsi si portarsi via cià che rimane del proprio pranzo, o cena del ristorante
( Io spesso lo faccio e ve lo dico senza difficoltà) non ci trovo nulle di male, o umiliante o vergognoso o stupido o sbagliato o brutto. mi è capitato spesso .. che se, quando vado al ristorante, o in trattoria, mi avanza qualcosa di portarlo a casa, intanto l'ho pagato e non mi sembra sensato sprecare nemmeno i soldi, poi se è ancora buono, perché non rimangiarmelo a casa mia con comodo ?
Oppure con le bevande, vino, acqua, bibite... si possono benissimo e sarebbe bello e giusto portarsele via quelle che non si sono consumate tutte !
(Lo fanno anche altre persone che conosco..) è anche un nostro diritto, ed ora sarebbe anche un dovere civile, economico ed umanitario !!!
Perché Specie in Italia manca troppa cultura ed educazione nella conservazione del cibo e dell'acqua e in un vicinissimo futuro hanno previsto che a forza di sprecare , buttare via, o manipolare gli alimenti e le bevande soprattutto quando si lasciano vendere prodotti anche manipolati e falsi dall'Estero , quando ne abbiano e possiamo averne e gustarne tanto dei nostri italiani, originali sani, buoni, naturali .
Mentre c'è chi non ha nulla e chi troppo e non ha coscienza del valore di queste cose !
Allora educare il mondo a tali valori che stanno per finire e diventando sempre più contraffatti , falsi, nocivi !
Volevo divulgare questo argomento anche se mi ci sono dilungata, e chiedo scusa, ma perché credo che sia un mio diritto e dovere come penso di chiunque senta a cuore queste cose!
E' giusto integrare tutti i cibi del mondo , per cultura, conoscenza, sapere, consapevolezza... ma i nostri prodotti non sono secondi a nessuno, li sanno apprezzare da ogni parte del Mondo da ogni cultura ogni Popolo, ed è giusto che si torni alle nostre preziose tradizioni alimentari , le migliori quelle delle nostre nonne... che sapevano già ogni sistema e strategia culinaria per preservare il cibo, le bevande... i sapori.....!!!
Vi abbraccio , una qualunque <3<3<3
Oggi si è inaugurato questo giorno , per svegliare le coscienze, allo spreco del cibo, contro le coltivazioni chimiche, biochimiche.... lo spreco dell'acqua, troppo spesso lavorati ed elaborati in maniera innaturale a scopi lucrosi.
Non c'è nemmeno un educazione scolastica in Italia che insegna fin da piccoli a preservare acqua e cibo nella maniera giusta , corretta, e benefica!
Si sono affrontati argomenti al riguardo in ogni direzione, anche riguardo ad una certa reticenza in troppe persone ad esempio, quando si va nei ristoranti a portarsi il cibo che non si è finito di consumare, via , si tende a vergognarsi di chiedere ad esempio di farsi dare, magari una vaschetta oppure a fare da noi stessi se si ha con se qualcosa per confezionare, incartare il cibo e poterlo portare e consumare a casa.
Mentre sarebbe una cosa prima di tutto buona, giusta, sensata, ('d'altronde è sempre già pagata e già sarebbe un peccato lasciarla li dove andrebbe buttata o usata in modo sbagliato, lasciarla scadere, e rivenderla.....) allora meglio portarsela subito via e potersela rimangia con comodo a casa, e risparmiare già così anche altro cibo , dovendolo ricomprare oppure consumarne altro .
Bisognerebbe educare anche in questo le persone a non vergognarsi si portarsi via cià che rimane del proprio pranzo, o cena del ristorante
( Io spesso lo faccio e ve lo dico senza difficoltà) non ci trovo nulle di male, o umiliante o vergognoso o stupido o sbagliato o brutto. mi è capitato spesso .. che se, quando vado al ristorante, o in trattoria, mi avanza qualcosa di portarlo a casa, intanto l'ho pagato e non mi sembra sensato sprecare nemmeno i soldi, poi se è ancora buono, perché non rimangiarmelo a casa mia con comodo ?
Oppure con le bevande, vino, acqua, bibite... si possono benissimo e sarebbe bello e giusto portarsele via quelle che non si sono consumate tutte !
(Lo fanno anche altre persone che conosco..) è anche un nostro diritto, ed ora sarebbe anche un dovere civile, economico ed umanitario !!!
Perché Specie in Italia manca troppa cultura ed educazione nella conservazione del cibo e dell'acqua e in un vicinissimo futuro hanno previsto che a forza di sprecare , buttare via, o manipolare gli alimenti e le bevande soprattutto quando si lasciano vendere prodotti anche manipolati e falsi dall'Estero , quando ne abbiano e possiamo averne e gustarne tanto dei nostri italiani, originali sani, buoni, naturali .
Mentre c'è chi non ha nulla e chi troppo e non ha coscienza del valore di queste cose !
Allora educare il mondo a tali valori che stanno per finire e diventando sempre più contraffatti , falsi, nocivi !
Volevo divulgare questo argomento anche se mi ci sono dilungata, e chiedo scusa, ma perché credo che sia un mio diritto e dovere come penso di chiunque senta a cuore queste cose!
E' giusto integrare tutti i cibi del mondo , per cultura, conoscenza, sapere, consapevolezza... ma i nostri prodotti non sono secondi a nessuno, li sanno apprezzare da ogni parte del Mondo da ogni cultura ogni Popolo, ed è giusto che si torni alle nostre preziose tradizioni alimentari , le migliori quelle delle nostre nonne... che sapevano già ogni sistema e strategia culinaria per preservare il cibo, le bevande... i sapori.....!!!
Vi abbraccio , una qualunque <3<3<3
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mercoledì 25 marzo 2015
venerdì 30 gennaio 2015
venerdì 19 dicembre 2014
lunedì 1 dicembre 2014
lunedì 20 ottobre 2014
domenica 10 agosto 2014
San Lorenzo
Storia e leggenda intorno a un Santo giovane e spavaldo. Una notte a naso all’insù a caccia di stelle cadenti
San Lorenzo, io lo so perché tanto / di stelle per l’aria tranquilla / arde e cade, perché sì gran pianto / nel concavo cielo sfavilla.
Piange il cielo, per Giovanni Pascoli, sulla malvagità che abita la terra; e le sfavillanti Perseidi – per la credenza popolare le lacrime del santo martire, arso vivo a Roma il 10 agosto del 258 – sono anche il compianto funebre per la morte del padre Ruggero, ucciso con un colpo di fucile, nella notte fra il 10 e l’11 agosto, mentre tornava a casa da una giornata di mercato.
Lorenzo era nato in Spagna, a Osca, oggi Huesca, alle falde dei Pirenei aragonesi, nel 225, ma sono poche e poco documentate le notizie sulla sua vita e contraddittorie quelle sulla sua morte. Completa assai giovane gli studi umanistici e teologici a Saragozza, allievo di quello che diverrà poi papa Sisto II. Insieme con lui lascia la Spagna per Roma. Qui il suo maestro, alla morte di Stefano I, viene eletto vescovo dell’Urbe e papa il 31 agosto del 257.
Lorenzo ha 32 anni. Il nuovo papa lo fa arcidiacono e in quella veste gli assegna la responsabilità delle opere di carità nella diocesi di Roma. Sono oltre 1.500, fra poveri e vedove, i bisognosi di cui Lorenzo si occupa. Una moltitudine, se la si compara alla popolazione della città, enormemente ridotta rispetto ai numeri che aveva conosciuto nel massimo splendore dell’impero. Già prima che Sisto ascenda al soglio pontificio, l’Imperatore Valeriano pubblica un primo editto di persecuzione contro i cristiani. Nonostante ciò, per almeno un anno, l’opera pastorale di Sisto e l’intensa attività di Lorenzo si svolgono senza eccessivi intoppi.
Ma nei primi giorni dell’agosto del 258, un nuovo più feroce editto di Valeriano ordina l’immediata messa a morte di tutti i vescovi, presbiteri e diaconi e la confisca dei beni in loro disponibilità a favore dell’erario imperiale.
Immagine1.pngSisto fu il primo a cadere, decapitato, insieme con sei dei suoi diaconi, il 6 agosto.
La leggenda, diffusamente alimentata dal quell’Ambrogio vescovo di Milano nel suo De Officiis, narra dell’incontro di Lorenzo con il suo vescovo condotto al martirio. Dove vai, padre, senza il tuo figlio? Dove ti affretti, o santo vescovo, senza il tuo diacono?, esclama Lorenzo, rivendicando il diritto di morire con lui, se non prima di lui o addirittura in sua vece.
E ricorda l’esempio di Abramo che offrì a Dio il sacrificio del figlio Isacco o quello di san Pietro, che si fece precedere nella testimonianza di fede dal giovinetto protomartire Stefano.
Solo la risposta di Sisto, che gli assicura che a lui saranno riservate ben presto prove anche più aspre, acquieta l’ansia eroica del nostro santo.
A Lorenzo si offrì salva la vita purché consegnasse i tesori della Chiesa entro tre giorni.
Alla scadenza del 10 agosto, dunque, il santo si presenta seguito dalla turba dei diseredati cui presta assistenza ogni giorno: Ecco – egli dice – questi sono i nostri tesori. Sono tesori eterni, non vengono mai meno, che anzi aumentano sempre, alludendo al fatto che sempre vi saranno uomini e donne offesi dal bisogno e dalla miseria. Fu subito catturato, si procedette alla sua esecuzione e Lorenzo fu posto su una graticola e bruciato vivo.
Questa la tradizione, della quale non vi è, però, alcuna certezza; che anzi molti sono gli storici che sostengono che venisse invece decapitato. Ma tant’è. L’iconografia tradizionale e quella ufficiale ritraggono il Santo con la palma del martirio e la graticola che indica la tecnica del supplizio. E si racconta che il santo, con allegra spavalderia da giovane spaccone, si rivolgesse ai suoi aguzzini invitandoli a girarlo sulla graticola che “da questa parte son già cotto; giratemi e poi mangiatemi!”
Ancora la memoria popolare, che sempre si nutre delle più sfrenate fantasie, testimonia che il corpo del santo, ben cotto, fu distribuito tra i poveri perché se ne cavassero la fame, quasi ultimo atto della sua quotidiana pratica di carità. Al momento che spirava, si dice poi che un soldato romano raccogliesse uno straccio intriso di alcune gocce di sangue e grasso, che colavano dalla graticola, recandolo poi al paese che allora da allora si chiamò Castrum Sancti Laurentii, oggi Amaseno, nel frusinate. Naturalmente il patrono di Amaseno è San Lorenzo e qui, ogni 10 agosto, si ripete il miracolo della liquefazione del sangue che intride la sacra reliquia, né più né meno di quel che accade con il sangue di San Gennaro.
Patrono di Grosseto, che gli dedica il Duomo d’impianto romanico; patrono di Roma, sia pure in compagnia di Pietro e Paolo e anche di Perugia, con san Costanzo e sant’Ercolano e patrono di Rotterdam, San Lorenzo è protettore dei lavori che si fanno col fuoco: è il santo dei pompieri, dei lavoratori del vetro, dei cuochi, dei rosticcieri. Ama la notte, Lorenzo, non ne vede la tenebra: La mia notte non ha oscurità, ma tutte le cose divengono chiare nella luce, afferma nella sua Liturgia delle Ore, Vespri, 10 agosto. Forse anche per questa lucida visione delle cose, che sconfigge anche l’oscurità della notte, Lorenzo è patrono di bibliotecari e librai, custodi del sapere racchiuso nei libri.
Il popolo, si sa, spesso accompagna la devozione dei santi con le antiche credenze, percorse dal senso del magico. Così la notte di san Lorenzo è soprattutto la notte dei desideri, formulati in silenzio, il naso all’insù a caccia della brevissima scia della stella cadente che potrà esaudirli. Si ha un bel dire che no, quelle gocce di luce che solcano la notte non sono le lacrime di san Lorenzo né le faville che si sprigionano dai carboni del fuoco che lo martirizza; e che sono, invece, banali meteoriti che nell’attraversare l’atmosfera terrestre s’incendiano per l’attrito e si consumano rapidissime.
Se la notte è serena, ogni 10 agosto lo sguardo della gente fruga il cielo notturno e ciascuno cerca la stella cui affidare qualche modesto, riposto desiderio.
(M.Torrigiani)
San Lorenzo, io lo so perché tanto / di stelle per l’aria tranquilla / arde e cade, perché sì gran pianto / nel concavo cielo sfavilla.
Piange il cielo, per Giovanni Pascoli, sulla malvagità che abita la terra; e le sfavillanti Perseidi – per la credenza popolare le lacrime del santo martire, arso vivo a Roma il 10 agosto del 258 – sono anche il compianto funebre per la morte del padre Ruggero, ucciso con un colpo di fucile, nella notte fra il 10 e l’11 agosto, mentre tornava a casa da una giornata di mercato.
Lorenzo era nato in Spagna, a Osca, oggi Huesca, alle falde dei Pirenei aragonesi, nel 225, ma sono poche e poco documentate le notizie sulla sua vita e contraddittorie quelle sulla sua morte. Completa assai giovane gli studi umanistici e teologici a Saragozza, allievo di quello che diverrà poi papa Sisto II. Insieme con lui lascia la Spagna per Roma. Qui il suo maestro, alla morte di Stefano I, viene eletto vescovo dell’Urbe e papa il 31 agosto del 257.
Lorenzo ha 32 anni. Il nuovo papa lo fa arcidiacono e in quella veste gli assegna la responsabilità delle opere di carità nella diocesi di Roma. Sono oltre 1.500, fra poveri e vedove, i bisognosi di cui Lorenzo si occupa. Una moltitudine, se la si compara alla popolazione della città, enormemente ridotta rispetto ai numeri che aveva conosciuto nel massimo splendore dell’impero. Già prima che Sisto ascenda al soglio pontificio, l’Imperatore Valeriano pubblica un primo editto di persecuzione contro i cristiani. Nonostante ciò, per almeno un anno, l’opera pastorale di Sisto e l’intensa attività di Lorenzo si svolgono senza eccessivi intoppi.
Ma nei primi giorni dell’agosto del 258, un nuovo più feroce editto di Valeriano ordina l’immediata messa a morte di tutti i vescovi, presbiteri e diaconi e la confisca dei beni in loro disponibilità a favore dell’erario imperiale.
Immagine1.pngSisto fu il primo a cadere, decapitato, insieme con sei dei suoi diaconi, il 6 agosto.
La leggenda, diffusamente alimentata dal quell’Ambrogio vescovo di Milano nel suo De Officiis, narra dell’incontro di Lorenzo con il suo vescovo condotto al martirio. Dove vai, padre, senza il tuo figlio? Dove ti affretti, o santo vescovo, senza il tuo diacono?, esclama Lorenzo, rivendicando il diritto di morire con lui, se non prima di lui o addirittura in sua vece.
E ricorda l’esempio di Abramo che offrì a Dio il sacrificio del figlio Isacco o quello di san Pietro, che si fece precedere nella testimonianza di fede dal giovinetto protomartire Stefano.
Solo la risposta di Sisto, che gli assicura che a lui saranno riservate ben presto prove anche più aspre, acquieta l’ansia eroica del nostro santo.
A Lorenzo si offrì salva la vita purché consegnasse i tesori della Chiesa entro tre giorni.
Alla scadenza del 10 agosto, dunque, il santo si presenta seguito dalla turba dei diseredati cui presta assistenza ogni giorno: Ecco – egli dice – questi sono i nostri tesori. Sono tesori eterni, non vengono mai meno, che anzi aumentano sempre, alludendo al fatto che sempre vi saranno uomini e donne offesi dal bisogno e dalla miseria. Fu subito catturato, si procedette alla sua esecuzione e Lorenzo fu posto su una graticola e bruciato vivo.
Questa la tradizione, della quale non vi è, però, alcuna certezza; che anzi molti sono gli storici che sostengono che venisse invece decapitato. Ma tant’è. L’iconografia tradizionale e quella ufficiale ritraggono il Santo con la palma del martirio e la graticola che indica la tecnica del supplizio. E si racconta che il santo, con allegra spavalderia da giovane spaccone, si rivolgesse ai suoi aguzzini invitandoli a girarlo sulla graticola che “da questa parte son già cotto; giratemi e poi mangiatemi!”
Ancora la memoria popolare, che sempre si nutre delle più sfrenate fantasie, testimonia che il corpo del santo, ben cotto, fu distribuito tra i poveri perché se ne cavassero la fame, quasi ultimo atto della sua quotidiana pratica di carità. Al momento che spirava, si dice poi che un soldato romano raccogliesse uno straccio intriso di alcune gocce di sangue e grasso, che colavano dalla graticola, recandolo poi al paese che allora da allora si chiamò Castrum Sancti Laurentii, oggi Amaseno, nel frusinate. Naturalmente il patrono di Amaseno è San Lorenzo e qui, ogni 10 agosto, si ripete il miracolo della liquefazione del sangue che intride la sacra reliquia, né più né meno di quel che accade con il sangue di San Gennaro.
Patrono di Grosseto, che gli dedica il Duomo d’impianto romanico; patrono di Roma, sia pure in compagnia di Pietro e Paolo e anche di Perugia, con san Costanzo e sant’Ercolano e patrono di Rotterdam, San Lorenzo è protettore dei lavori che si fanno col fuoco: è il santo dei pompieri, dei lavoratori del vetro, dei cuochi, dei rosticcieri. Ama la notte, Lorenzo, non ne vede la tenebra: La mia notte non ha oscurità, ma tutte le cose divengono chiare nella luce, afferma nella sua Liturgia delle Ore, Vespri, 10 agosto. Forse anche per questa lucida visione delle cose, che sconfigge anche l’oscurità della notte, Lorenzo è patrono di bibliotecari e librai, custodi del sapere racchiuso nei libri.
Il popolo, si sa, spesso accompagna la devozione dei santi con le antiche credenze, percorse dal senso del magico. Così la notte di san Lorenzo è soprattutto la notte dei desideri, formulati in silenzio, il naso all’insù a caccia della brevissima scia della stella cadente che potrà esaudirli. Si ha un bel dire che no, quelle gocce di luce che solcano la notte non sono le lacrime di san Lorenzo né le faville che si sprigionano dai carboni del fuoco che lo martirizza; e che sono, invece, banali meteoriti che nell’attraversare l’atmosfera terrestre s’incendiano per l’attrito e si consumano rapidissime.
Se la notte è serena, ogni 10 agosto lo sguardo della gente fruga il cielo notturno e ciascuno cerca la stella cui affidare qualche modesto, riposto desiderio.
(M.Torrigiani)
sabato 19 aprile 2014
martedì 18 marzo 2014
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