BUON SAN LOREN<O, MI RACCOMANDO STANOTTE OCCHIO ALLE STELLE ;-)
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Lorenzo
era nato in Spagna, a Osca, oggi Huesca, alle falde dei Pirenei
aragonesi, nel 225, ma sono poche e poco documentate le notizie sulla
sua vita e contraddittorie quelle sulla sua morte. Completa assai
giovane gli studi umanistici e teologici a Saragozza, allievo di quello
che diverrà poi papa Sisto II. Insieme con lui lascia la Spagna per
Roma. Qui il suo maestro, alla morte di Stefano I, viene eletto vescovo
dell’Urbe e papa il 31 agosto del 257.
Lorenzo ha 32 anni. Il nuovo
papa lo fa arcidiacono e in quella veste gli assegna la responsabilità
delle opere di carità nella diocesi di Roma. Sono oltre 1.500, fra
poveri e vedove, i bisognosi di cui Lorenzo si occupa. Una moltitudine,
se la si compara alla popolazione della città, enormemente ridotta
rispetto ai numeri che aveva conosciuto nel massimo splendore
dell’impero. Già prima che Sisto ascenda al soglio pontificio,
l’Imperatore Valeriano pubblica un primo editto di persecuzione contro i
cristiani. Nonostante ciò, per almeno un anno, l’opera pastorale di
Sisto e l’intensa attività di Lorenzo si svolgono senza eccessivi
intoppi.
Ma nei primi giorni dell’agosto del 258, un nuovo più feroce
editto di Valeriano ordina l’immediata messa a morte di tutti i
vescovi, presbiteri e diaconi e la confisca dei beni in loro
disponibilità a favore dell’erario imperiale.
Sisto fu il primo a cadere, decapitato, insieme con sei dei suoi diaconi, il 6 agosto.
La
leggenda, diffusamente alimentata dal quell’Ambrogio vescovo di Milano
nel suo De Officiis, narra dell’incontro di Lorenzo con il suo vescovo
condotto al martirio. Dove vai, padre, senza il tuo figlio? Dove ti
affretti, o santo vescovo, senza il tuo diacono?, esclama Lorenzo,
rivendicando il diritto di morire con lui, se non prima di lui o
addirittura in sua vece.
E ricorda l’esempio di Abramo che offrì a
Dio il sacrificio del figlio Isacco o quello di san Pietro, che si fece
precedere nella testimonianza di fede dal giovinetto protomartire
Stefano.
Solo la risposta di Sisto, che gli assicura che a lui
saranno riservate ben presto prove anche più aspre, acquieta l’ansia
eroica del nostro santo.
A Lorenzo si offrì salva la vita purché consegnasse i tesori della Chiesa entro tre giorni.
Alla
scadenza del 10 agosto, dunque, il santo si presenta seguito dalla
turba dei diseredati cui presta assistenza ogni giorno: Ecco – egli dice
– questi sono i nostri tesori. Sono tesori eterni, non vengono mai
meno, che anzi aumentano sempre, alludendo al fatto che sempre vi
saranno uomini e donne offesi dal bisogno e dalla miseria. Fu subito
catturato, si procedette alla sua esecuzione e Lorenzo fu posto su una
graticola e bruciato vivo.
Questa la tradizione, della quale non vi
è, però, alcuna certezza; che anzi molti sono gli storici che sostengono
che venisse invece decapitato. Ma tant’è. L’iconografia tradizionale e
quella ufficiale ritraggono il Santo con la palma del martirio e la
graticola che indica la tecnica del supplizio. E si racconta che il
santo, con allegra spavalderia da giovane spaccone, si rivolgesse ai
suoi aguzzini invitandoli a girarlo sulla graticola che “da questa parte
son già cotto; giratemi e poi mangiatemi!”
Ancora la memoria
popolare, che sempre si nutre delle più sfrenate fantasie, testimonia
che il corpo del santo, ben cotto, fu distribuito tra i poveri perché se
ne cavassero la fame, quasi ultimo atto della sua quotidiana pratica di
carità. Al momento che spirava, si dice poi che un soldato romano
raccogliesse uno straccio intriso di alcune gocce di sangue e grasso,
che colavano dalla graticola, recandolo poi al paese che allora da
allora si chiamò Castrum Sancti Laurentii, oggi Amaseno, nel frusinate.
Naturalmente il patrono di Amaseno è San Lorenzo e qui, ogni 10 agosto,
si ripete il miracolo della liquefazione del sangue che intride la sacra
reliquia, né più né meno di quel che accade con il sangue di San
Gennaro.
Patrono di Grosseto, che gli dedica il Duomo d’impianto
romanico; patrono di Roma, sia pure in compagnia di Pietro e Paolo e
anche di Perugia, con san Costanzo e sant’Ercolano e patrono di
Rotterdam, San Lorenzo è protettore dei lavori che si fanno col fuoco: è
il santo dei pompieri, dei lavoratori del vetro, dei cuochi, dei
rosticcieri. Ama la notte, Lorenzo, non ne vede la tenebra: La mia notte
non ha oscurità, ma tutte le cose divengono chiare nella luce, afferma
nella sua Liturgia delle Ore, Vespri, 10 agosto. Forse anche per questa
lucida visione delle cose, che sconfigge anche l’oscurità della notte,
Lorenzo è patrono di bibliotecari e librai, custodi del sapere racchiuso
nei libri.
Il popolo, si sa, spesso accompagna la devozione dei
santi con le antiche credenze, percorse dal senso del magico. Così la
notte di san Lorenzo è soprattutto la notte dei desideri, formulati in
silenzio, il naso all’insù a caccia della brevissima scia della stella
cadente che potrà esaudirli. Si ha un bel dire che no, quelle gocce di
luce che solcano la notte non sono le lacrime di san Lorenzo né le
faville che si sprigionano dai carboni del fuoco che lo martirizza; e
che sono, invece, banali meteoriti che nell’attraversare l’atmosfera
terrestre s’incendiano per l’attrito e si consumano rapidissime.
Se
la notte è serena, ogni 10 agosto lo sguardo della gente fruga il cielo
notturno e ciascuno cerca la stella cui affidare qualche modesto,
riposto desiderio.
(M.Torrigiani)
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